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Introduzione
In Australia, il settore del pet care è un’industria multimiliardaria, con una crescita che non mostra segni di rallentamento. Servizi come dog walking, pet sitting e persino asili diurni per cani sono ormai una spesa comune per moltissime famiglie, che vi investono somme impressionanti con la stessa naturalezza con cui pagano un asilo nido per i figli.
Per un italiano, questa realtà può sembrare quasi assurda. In Italia, la gestione degli animali domestici è tradizionalmente considerata una responsabilità personale e familiare: se devi assentarti, il cane lo lasci ai nonni o agli amici, e se proprio nessuno può occuparsene, il massimo che si contempla è una pensione per animali, di solito con tariffe molto più basse rispetto alle controparti australiane.
Ma in Australia, la cultura del pet care è profondamente diversa. Non è solo una questione di affetto per gli animali: si tratta di dinamiche economiche, urbanistiche e sociali che rendono questi servizi non solo utili, ma spesso indispensabili.
Perché, dunque, gli australiani spendono cifre esorbitanti per servizi che in Italia sarebbero considerati superflui? E cosa ci dice questa differenza sulla mentalità e sul tessuto sociale dei due paesi?
1. La trasformazione del cane da animale domestico a membro della famiglia
Per comprendere il boom dei servizi di pet care in Australia, bisogna partire da una realtà ormai evidente: gli animali domestici non sono più semplici animali, ma veri e propri membri della famiglia.
Nel contesto australiano, questa trasformazione è stata rafforzata da diversi fattori socioeconomici:
- L’aumento delle famiglie senza figli: Le coppie che scelgono di non avere bambini spesso riversano sugli animali lo stesso livello di attenzione e cura che tradizionalmente era riservato ai figli.
- Il posticipo della maternità e paternità: Molti giovani adulti australiani considerano il possesso di un cane come una sorta di “prova generale” prima di avere figli, il che li porta a investire molto nella cura dell’animale.
- L’urbanizzazione crescente: Nelle grandi città come Sydney e Melbourne, la vita in appartamento e la mancanza di spazi verdi rendono necessario delegare parte della gestione quotidiana del cane a professionisti.
In Italia, sebbene gli animali domestici siano amati e rispettati, l’approccio alla loro gestione è ancora più tradizionale, e il concetto di pet sitting o dog walking è visto come un lusso più che come una necessità.
2. L’organizzazione del lavoro e il valore del tempo
Uno degli elementi chiave che spiegano la diffusione del pet care in Australia è la differenza nell’organizzazione del lavoro e nel concetto stesso di tempo libero.
In Italia, gli orari di lavoro, per quanto impegnativi, sono spesso più flessibili e permettono una gestione più diretta degli animali domestici. La pausa pranzo lunga in molte aziende e il ritorno a casa nel primo pomeriggio (specie per chi lavora in proprio) consentono ai proprietari di cani di occuparsi dei loro animali senza troppi problemi.
L’Australia, invece, segue un modello lavorativo anglosassone, con orari più rigidi e meno pause durante la giornata. Lavorare dalle 8:30 alle 17:30 con spostamenti che possono richiedere anche un’ora di tragitto significa lasciare il cane da solo per molte ore, rendendo quasi indispensabile il ricorso a servizi esterni.
Questa rigidità nel modello lavorativo ha creato un’enorme domanda per i dog walker, che in città come Sydney o Melbourne arrivano a guadagnare fino a 40-50 AUD all’ora per portare a spasso un cane, un costo che agli occhi di un italiano potrebbe sembrare spropositato.
3. Il business degli asili per cani: lusso o necessità?
Uno dei fenomeni più sorprendenti nel mercato australiano del pet care è la diffusione dei doggy daycare, veri e propri asili per cani che offrono spazi di socializzazione, attività strutturate e persino programmi di addestramento.
Il costo di questi servizi può variare dai 50 ai 100 AUD al giorno, con pacchetti mensili che possono superare i 1.500 AUD.
Per un italiano, questa spesa può sembrare ridicola. Ma in Australia, il doggy daycare risponde a esigenze molto pratiche:
- Ridurre l’ansia da separazione nei cani che passerebbero troppe ore da soli.
- Evitare danni domestici (in case dove gli animali non possono essere lasciati incustoditi per troppo tempo).
- Fornire un ambiente sicuro e stimolante per i cani che altrimenti passerebbero la giornata chiusi in un appartamento.
Questi asili non sono solo un capriccio da ricchi: sono un’industria che fattura milioni e che sta rapidamente crescendo in tutta l’Australia.
4. Il confronto con l’Italia: un divario culturale o economico?
Se i servizi di pet care in Australia sono considerati normali e diffusi, perché in Italia rimangono di nicchia? La risposta è una combinazione di fattori culturali, economici e strutturali.
- La famiglia come supporto naturale: In Italia, se un proprietario deve assentarsi, c’è quasi sempre un parente o un vicino disponibile a occuparsi dell’animale.
- Maggiore flessibilità lavorativa: Gli orari italiani permettono, nella maggior parte dei casi, una gestione domestica più diretta.
- Differente percezione del valore del denaro: Spendere 1.000 euro al mese per il cane è considerato eccessivo, mentre in Australia è visto come un investimento necessario per garantire il benessere dell’animale.
- Diverse normative sulle aree verdi: In Italia, l’accesso ai parchi per i cani è spesso più semplice rispetto alle città australiane, dove molte aree richiedono permessi o limitano la presenza degli animali.
Questa divergenza di mentalità spiega perché il pet care sia un’industria dominante in Australia ma non in Italia, e perché molte startup australiane stiano esportando il modello in altri paesi con un crescente successo.
Conclusione
Il business del pet care in Australia è il risultato di una cultura che valorizza il tempo, una diversa organizzazione del lavoro e una visione più pragmatica della gestione degli animali domestici.
Mentre in Italia servizi come dog walking e asili per cani sono ancora visti come un lusso, in Australia sono ormai una componente essenziale della vita urbana, un’industria che muove miliardi di dollari e che continua a espandersi a ritmi vertiginosi.
Forse, con l’evolversi del mondo del lavoro e dei modelli familiari, anche in Italia vedremo una trasformazione simile?
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